Chi vuol muovere il mondo, muova prima se stesso. (Socrate)

venerdì 21 novembre 2008

Terzo Workshop -Lavoro e Formazione

Ricerca, formazione, lavoro. Sono questi i temi di cui abbiamo discusso
durante la giornata di ieri, partendo dal nostro punto di vista, dal punto di
vista dell'onda. Abbiamo chiamato il nostro percorso autoriforma, un
autoriforma che viene dal basso dell’università. Autoriformare dal basso per
noi vuol dire travolgere questa università, attraversarla con i nostri desideri e le
nostre proposte, proposte che vogliamo costruire a partire dalla comprensione
della sua crisi e del suo rapporto con la società.
Una crisi esplosa da tempo ed aggravata da un quindicennio di pessime
“riforme” volte alla aziendalizzazione ed alla privatizzazione dell’università,
una crisi che i provvedimenti di questo governo stanno trasformando in
catastrofe.
Pensiamo al taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario, al blocco del
turnover, ma soprattutto alla trasformazione degli atenei in fondazioni di
diritto privato ed alle sue conseguenze in termini di discriminazione di censo
nell'accesso a un'istruzione di qualità e di destrutturazione dell'intero sistema
universitario nazionale. Effetti che non potranno non aggravare le già critiche
condizioni della scuola di ogni ordine e grado.
Non dimentichiamo le responsabilità di chi ha gestito l’università con
meccanismi corporativi e clientelari, di chi soffoca la ricerca per mezzo di
un'opprimente gerarchizzazione, di chi ha costruito un sistema fondato sullo
sfruttamento generalizzato del lavoro precario, di chi ha oramai accettato
l'idea di un drastico restringimento dell’accesso a un’istruzione pubblica di
qualità.
Il nostro obiettivo è stanare e denunciare queste aberrazioni ovunque si
manifestano, conoscerle per scardinarle. Bisogna superare il cosiddetto 3+2,
il quale con i suoi effetti di frammentazione e di dequalificazione della
didattica mira alla produzione di lavoratori precari e ricercatori al servizio del
privato o dell'impresa di turno.
In due mesi di mobilitazioni abbiamo dimostrato di non avere alcuna
intenzione di lasciarci incantare dalle false aperture del ministro Gelmini o
chiuderci nel recinto di uno studentismo vuoto e arrogante. Abbiamo gridato
dalle piazze di tutta Italia la nostra consapevolezza che solo l'unione e la
generalizzazione delle proteste può rovesciare quei rapporti di forza che
schiacciano il mondo dell'istruzione e della ricerca tanto quanto quello del
lavoro. Solo il continuo coordinamento ed allargamento della protesta potrà
portare ad un reale cambiamento nelle politiche del governo e per questa
ragione aderiamo allo sciopero generale indetto per il 12 dicembre con la
promessa di farlo vivere nelle nostre metropoli ed in qualunque luogo
raggiunto dall'Onda.
Il nostro sciopero sarà dunque all'insegna della generalizzazione delle
mobilitazioni, della lotta contro la precarietà e per l'abolizione di tutte le
forme di lavoro parasubordinato contenute nella legge 30, contro ogni
discriminazione di genere, cultura e razza, contro la criminalità organizzata
che strangola il nostro Sud e sempre più anche il nostro Nord.
Autoriforma è il percorso concreto di elaborazione, d'inchiesta e di
conflittualità che mette in crisi il sistema attuale, che propone un modello
diverso di università attraverso una critica radicale dell'esistente. Vogliamo
costruire un'università pubblica, democratica ed accessibile a tutti.
Per questo sentiamo l'urgenza, in questa fase di crisi profonda del modello
sociale ed economico neoliberista, di un’università che sappia dare il suo
contributo alla costruzione di un nuovo e più equo modello di sviluppo.
Il nostro punto di partenza sarà l'analisi della ricerca concretamente prodotta
dalle università ed enti pubblici di ricerca, delle sue ricadute sul territorio, la
creazione di sapere critico e la moltiplicazione delle esperienze di
autoformazione e didattica alternativa cui abbiamo dato vita nelle nostre
mobilitazioni.

1) Ricerca
L'indipendenza e l'autonomia della ricerca sono per noi principi fondativi.
La ricerca non deve essere subordinata a logiche di mercato: le risorse e le
strutture pubbliche dalle quali essa dipende non possono essere messe al
servizio di interessi privati. Il sapere è un bene pubblico, una produzione
collettiva e per questa ragione non appropriabile: i suoi risultati devono essere
socializzati, ossia posti al servizio dell'intera società. Per questo riteniamo
essenziale lo sviluppo di forme non commerciali della loro tutela
(GPL/Creative commons) in contrapposizione al brevetto nonché il sostegno
all'editoria scientifica open source ed una stretta sinergia tra ricerca e
didattica.
Siamo però consapevoli che l'emergenza attuale ha tra le sue cause principali
il cronico sottofinanziamento delle attività di ricerca, che deve essere portato
almeno ai livelli indicati dal Trattato di Lisbona (3% del Pil contro l'attuale
1%). E poiché una ricerca libera non può esistere senza ricercatori autonomi e
indipendenti da ogni condizionamento, la democratizzazione dell'accesso ai
fondi e la sua apertura ai ricercatori non strutturati e ai dottorandi è per noi
condizione irrinunciabile.

2) Valutazione
L'autonomia della ricerca e la qualità dell'università pubblica non possono
essere disgiunte dalla realizzazione di un nuovo concetto di valutazione.
Tale concetto, più complesso della combinazione di indici presuntamente
quantitativi, non deve essere legato al contenimento del bilancio, alla
produzione di brevetti o al semplice numero delle pubblicazioni.
Pensiamo che la valutazione debba essere intesa anche come rendicontazione
sociale delle attività degli atenei e del sistema nel suo complesso, che non
possa prescindere dai contesti territoriali in cui le università sono inserite.
Contemporaneamente, ribadiamo che anche docenti, ricercatori e dottorandi
dovrebbero essere coinvolti nei processi di valutazione.
Gli esiti della valutazione della didattica e della ricerca dovrebbero
condizionare la distribuzione di parte dei finanziamenti sia alle strutture
(atenei, enti, istituti, dipartimenti,..) che ai singoli docenti e ricercatori.

3) Reddito, diritti, contratti
Il problema del reddito è sicuramente trasversale a tutto il corpo vivo
dell'università: studenti dottorandi e ricercatori precari.
Al lavoro di ricerca, perché di lavoro si tratta, devono corrispondere un salario
adeguato e i diritti stabiliti dallo statuto dei lavoratori. La moltitudine di
tirocini, stage e praticantati tutti rigorosamente non retribuiti non sono più
tollerabili, così come la dilagante attività didattica a titolo gratuito.
Ogni prestazione deve essere contrattualizzata al più come forma di lavoro
subordinato a tempo determinato e in tal caso deve essere garantita la
continuità del reddito, diritto fondamentale di cui chiediamo l'estensione a
tutti i lavoratori precari. Non solo: commossi dall'attenzione del ministro
Gelmini alle condizioni degli edifici scolastici, rivendichiamo ambienti idonei
di studio, lavoro e ricerca.

4) Pari opportunità
Nella ricerca rimane aperta la stessa questione di genere che troviamo
ovunque nel mondo del lavoro: da una parte la progressione di carriera delle
donne è fortemente filtrata ai livelli più bassi, dall'altra le donne subiscono il
perenne ricatto biologico, aggravato dalla precarietà, per cui la maternità
diventa in realtà la via di espulsione dal mondo della ricerca.

5) Dottorato e specializzazioni
Il dottorato di ricerca è il più alto grado dell'istruzione italiana e
contemporaneamente l'introduzione all'attività di ricerca. Vanno dunque
garantiti adeguati percorsi didattici e il diritto all'autonomia economica.
Questo significa in particolare l'immediata soppressione dei dottorati senza
borsa e delle tasse di iscrizione. I dottorandi dovrebbero vedere riconosciuti i
loro diritti per mezzo di uno statuto nazionale a loro dedicato.
Per quanto riguarda le specializzazioni è emersa la necessità di nuove
procedure concorsuali trasparenti. Le mansioni affidate agli specializzandi
non devono mai oltrepassare le competenze previste dalla legge.

6) Reclutamento
Per quanto riguarda la spinosa questione del reclutamento, ribadiamo la
nostra ferma opposizione al blocco del turnover. Ma questo non ci basta, dopo
anni di blocco dell'accesso ai giovani che ha esasperato la precarietà e
incentivato la fuga dei cervelli. Chiediamo l'istituzione di un contratto unico di
lavoro subordinato una volta terminato il dottorato, di durata non inferiore ai
due anni: esso deve sostituire l'attuale jungla di “contratti” precari.
Tali misure non avrebbero tuttavia alcun senso senza un consistente
reclutamento straordinario via concorso, che deve essere seguito da un
reclutamento ordinario via concorso costante nel tempo. Per quanto concerne
l'inquadramento della docenza, chiediamo l'istituzione di un ruolo unico e
l'incompatibilità della libera docenza con contratti di diritto privato.

7) Rappresentanza
I ricercatori precari, essenziali al funzionamento di tutti gli atenei ed enti
pubblici di ricerca italiani, sono completamente assenti dagli organi
decisionali degli stessi. E' questo un elemento chiave della gerarchizzazione
del lavoro di ricerca e didattica.
Come ogni altra categoria nell'università, i ricercatori precari e i dottorandi
devono partecipare ai processi decisionali tramite i loro rappresentanti eletti.

8) Europa e anomalous wave
L'Onda ha già valicato i confini nazionali. In tutta Europa si sono svolte
manifestazioni di solidarietà al movimento italiano. Questo fatto ci parla della
dimensione transnazionale dei problemi che stiamo affrontando. Il lavoro di
ricerca prevede la mobilità come elemento irrinunciabile ma continuamente
ostacolato dalle differenze dei diversi sistemi nazionali. Spesso le riforme,
sgradite a chi l'università la vive, sono state giustificate in nome di una
presunta volontà di integrazione a livello europeo. Vogliamo sottolineare che
uno spazio europeo della ricerca ancora non esiste e che il movimento deve
assumersi la responsabilità di cominciare a crearlo, non attraverso la
normazione astratta ma attraverso la circolazione delle idee e delle lotte.
L'osservazione dei diversi modelli di sistema universitario presenti al
momento in Europa ci permette di rigettare immediatamente alcune ipotesi di
sviluppo, come il modello anglosassone e il principio del debito di formazione,
già ampiamente entrato in crisi in Inghilterra e negli Stati Uniti. In
quest’ottica proponiamo la convocazione di una riunione europea che metta
in circolo le diverse vertenze sviluppate dai movimenti di studenti e
ricercatori precari.

9) Percorsi
Se l’autoriforma è anche e soprattutto un percorso condiviso di lotte, questo
workshop ha espresso una molteplicità di strade che possono essere percorse
a livello locale e nazionale:
- Se il precariato è il problema di questa generazione, ci sembra
fondamentale una grande inchiesta sul lavoro precario nell'università
arrivando ad un censimento nazionale che ci permetta di tradurre nella
forza dei numeri l'enormità del fenomeno.
- In questa ottica è necessario che il movimento esca dall’università per
coordinarsi anche con il resto del mondo del lavoro precario.
- Formulare un appello congiunto di studenti, dottorandi e precari per lo
sciopero generale/gli scioperi generali che verranno nel prossimo futuro.
- Fin dall’inizio è stato un obiettivo del movimento coordinarsi con la
protesta della scuola per reagire all’attacco generalizzato alla formazione
pubblica a tutti i livelli. Questo impegno deve essere assunto dal
movimento anche per il futuro.
- Proponiamo di portare avanti azioni locali contemporanee e condivise da
tutto il movimento anche nell’ambito della proposta di una grande giornata
nazionale della ricerca.
- Ci sembra importante anche l’idea di portare avanti un percorso di
vertenze locali comuni a studenti, dottorandi e ricercatori precari per
migliorare qui ed ora la nostra condizione di diritti e rappresentanza
chiedendo con forza almeno l'applicazione dei principi contenuti nella
Carta Europea dei Ricercatori” sottoscritta da tutti gli atenei ed enti
pubblici di ricerca italiani.
- In queste settimane hanno avuto un grande successo le iniziative di
divulgazione e di apertura dell’università alla cittadinanza. Ci riferiamo sia
agli eventi rivolti ai bambini delle scuole, alle famiglie, ai lavoratori sia alle
lezioni all’aperto e ai seminari in piazza. Il
movimento ha manifestato un’evidente volontà di proseguire su questa
strada continuando ad organizzare eventi che portino il sapere, la
ricerca e i ricercatori stessi al di fuori del mondo universitario.
- La valutazione del mondo universitario e della ricerca in genere è uno dei
punti cardine dell’autoriforma. Il movimento ritiene che non si debba
delegare ad altri se non a chi ne è direttamente interessato questo
complesso problema. A questo scopo si vuole
istituire un gruppo di studio specifico, formato da studenti ricercatori
precari e dottorandi, che analizzi il problema.
- Occorre sviluppare una critica seria ed approfondita di tutti gli strumenti di
governance universitari a partire dalla fondazione di diritto privato
denominata CRUI e dell'autoproclamato circolo dei migliori atenei d'Italia,
AQUIS.
- Ribadiamo l’importanza di organizzare una grande assemblea Europe che
metta in relazione diverse realtà di lotte e punti di vista critici
sull’università e la ricerca.

Una molteplicità di strade, ma molte di più, pensiamo, sono quelle che
usciranno dalla fantasia e dalla consapevolezza critica di questo movimento.
La forza della partecipazione che lo sta facendo vivere, la capacità che esso ha
mostrato in questi giorni di mobilitazione di sperimentare percorsi nuovi sono
sicuramente il motore per costruire un futuro diverso da quello che ci
vogliono, a forza, tracciare davanti. Un compito impegnativo per un
movimento che deve durare ma anche una grande occasione di rinnovamento
per questo paese, l’onda lunga di una grande speranza.

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